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Nomi a dominio e patronimici

6 Giugno 2004 Commenta

Moltissime persone usano quotidianamente internet, digitando decine di indirizzi di siti web o di posta elettronica nei loro browser. Numerosisissimi soggetti, persone, societa’, enti pubblici, hanno richiesto la registrazione di un nome a dominio Internet.
Non tutti, pero’, hanno una piena consapevolezza del significato tecnico e giuridico che hanno tali attivita’.


1. Qualificazione giuridica del nome a dominio
a) mero indirizzo telematico
Come dice il nome stesso, internet e’ prima di tutto una rete (“net” in inglese), ed in secondo luogo una rete che si estende al di fuori di un singolo luogo geografico, per diffondersi potenzialmente in tutto il mondo, collegando singole reti locali. In pratica internet e’ un gigantesco intreccio di cavi che collega i computer dei cinque continenti, articolato in nodi nazionali (Service Providers), nodi locali (c.d. POP , Point of Presence), ai quali poi sono connessi fisicamente i singoli utenti (host).
L’entita’ che e’ comunemente identificata con internet e’ in buona sostanza rappresentata dall’insieme delle risorse dei computer (PC e server) collegati tra loro.
Ogni singola pagina consultabile tramite un browser e’ fisicamente registrata sul disco fisso del computer al quale inviamo una richiesta di consultazione digitandone l’indirizzo.
Se internet e’ un insieme cosi’ esteso da essere difficilmente quantificabile, di computer collegati in rete, come e’ possibile raggiungere l’informazione nel luogo fisico esatto in cui si trova? Il meccanismo di connessione si basa su un indirizzo IP (Internet Protocol) che identifica in maniera univoca ogni singolo computer collegato alla rete.
Si tratta, per usare una metafora molto celebre in dottrina, di una specie di numero di telefono,composto da una serie di cifre divise da un punto. Un simile sistema, tecnicamente semplicissimo per le macchine, si rivela assai scomodo per la memoria umana.
Per ovviare all’inconveniente di dover creare enormi elenchi numerici, si e’ percio’ provveduto ad “affiancare” all’indirizzo IP il cosiddetto DNS (Domain Name System), il quale puo’ essere invece composto da combinazioni di lettere e numeri, tali da risultare quanto piu’ semplici e significativi possibile per gli utenti.
Una volta inserito l’indirizzo, sotto forma di DNS, nell’apposita finestra del browser, il software procedera’ alla traduzione del domain name nel corrispondente indirizzo IP, facendo poi seguire la connessione fisica con la macchina relativa.

Il nome a dominio e’ una struttura complessa, articolata su due livelli separati da un punto. Il livello massimo, Top Level Domain, e’ rappresentato dal suffisso di due o tre lettere che notoriamente seguono il punto. La funzione del Top Level Domain puo’ essere duplice.
Da un lato identificare prima facie l’appartenenza di un sito ad una specifica categoria: commerciale (.com), non profit (.org), governativo (.gov), informativo (.info) eccetera. Dall’altro, indicare la provenienenza geografica e/o il contenuto linguistico del sito web: italiano (.it), francese (.fr), tedesco (.de) eccetera.
Il secondo livello (Second Level Domain), graficamente situato alla sinistra del suffisso, e’ invece costituito da un nome di fantasia che l’utente puo’ scegliere in piena liberta’.


Invero il Codice Civile non fornisce la definizione giuridica di indirizzo, ed e’ quindi da intendersi accolta l’accezione del termine di uso corrente nella lingua italiana. Si riporta in questa sede il significato attribuito dal Dizionario Zingarelli: “Insieme delle indicazioni relative al nome e al domicilio di una persona, necessario per poterlo trovare ed inviargli la corrispondenza”. Non vi sono dunque ostacoli a riferire al domain name, con gli opportuni adattamenti, la medesima definizione.
Esso infatti puo’ essere considerato come l’insieme delle indicazioni relative al nome e al sito di una persona necessario per poterlo trovare ed inviargli la corrispondenza.
Questa conclusione e’ suffragata da importanti indizi che emergono dalla piu’ illustre dottrina occupatasi del settore, laddove si afferma che “ogni utente Internet ha un indirizzo, conosciuto come domain name” (CERINA, Internet: nuova frontiera per il diritto dei marchi? in “Il Dir. Ind. n° 7/1996, pagg. 552 e ss.).
Ne’ si possono trascurare le affermazioni di Mayr secondo cui il domain name presenta un’importante affinita’ con i numeri telefonici e con i comuni indirizzi postali. Nel mondo reale nessuno puo’ sostenere che un indirizzo possa essere equiparato ad un segno distintivo (C. WAELDE, Domain names and trade marks, p. 63; L. PEYRON, Nomi a dominio e proprieta’ intellettuale: un tentativo di conciliazione, in Giur. It. 1997 p. 697).
Anche in giurisprudenza non sono mancate pronunce che hanno recisamente negato l’assimilabilita’ del nome a dominio al marchio registrato o comunque ai segni distintivi dell’impresa. “La funzione del domain name system e’ quella di consentire a chiunque di raggiungere una pagina web e, in quanto mezzo operativo e tecnico-logico, non puo’ porsi con riguardo a tale sistema un problema di violazione dei segni distintivi aziendali altrui come il marchio, la denominazione sociale o altri segni distintivi”
(Tribunale di Firenze, 29 luglio 2000 (Sabena c. A&A), in Dir. Ind., n. 4, 2000, p.321).  “Il marchio, caratterizzato da vari tipi di segni grafici che possono formare infinite combinazioni, tutela il prodotto di un’impresa e non puo’ essere parificato al domain name, che puo’ essere formato soltanto da lettere o numeri e che costituisce esclusivamente un indirizzo telematico” (Tribunale di Firenze, sez. distaccata di Empoli (Blaupunkt c. Nesson).

Il domain name prescelto da un qualsiasi soggetto che intende disporre di un proprio sito internet risulta del tutto autonomo dal soggetto che lo utilizza e dai suoi segni distintivi (denominazione o ragione sociale, marchio ecc.), dovendosi qualificare come semplice “codice di accesso ai servizi telematici” (N. Cosentino in nota a Tribunale di Bari, 24 luglio 1996 (Soc. Teseo c.Soc. Teseo Internet Provider) in Foro It., 1997, I, c. 2320).
Per tali motivi il domain name non tutela in alcun modo il prodotto aziendale.
Da quanto sopra appare di palmare evidenza come non sussista in capo al titolare di marchio registrato un diritto codificato alla titolarita’ del nome a dominio identico al marchio d’impresa, diritto che possa legittimare il potere di vietare ad altri la registrazione oltre che l’utilizzo di un nome a dominio corrispondente.
E che corrispondenza tra marchio o denominazione d’impresa non vi sia in una infinita’ di casi e’ facilmente verificabile con una semplice ricerca su un motore tipo “Google” come, per quanto attiene per esempio al comparto bancario, risulta manifesto per i siti del Banco Ambrosiano Veneto (
www.ambro.it), del Credito Italiano (www.credit.it), dell’Istituto di Credito San Paolo di Torino (www.sanpaolo.it) e della Banca di Roma (www.bancaroma.it).


b) segno distintivo atipico corrispondente al marchio
Tralasciando le pronuncie giurisprudenziali che qualificano il nome a dominio quale equivalente dell’insegna, non va sottaciuto come spesso dottrina e giurisprudenza configurino il nome a dominio quale segno distintivo atipico dell’impresa, per molti versi corrispondente al marchio registrato, alla cui disciplina andrebbe soggetto anche il domain name.
Proprio nei motivi dell’appellata sentenza si legge che l’uso di un nome a dominio su Internet corrispondente ad un marchio registrato altrui va considerato lesivo del diritto di esclusiva spettante al titolare del marchio ex art. 1 l.m.  e che al conflitto tra domain name e marchio debbono applicarsi le norme che disciplinano i conflitti tra segni distintivi; ne deriva altresi’  che il titolare del marchio puo’ opporsi all’adozione di un nome a dominio uguale o simile al proprio segno distintivo se, a causa dell’identita’ o affinita’ fra prodotti e servizi, possa crearsi un rischio di confusione che puo’ consistere anche in un rischio di associazione”.


2.  Il marchio notorio o celebre
Un marchio registrato che goda di rinomanza (per es: Campari) attribuisce al titolare benefici della tutela ampliata, che esorbita cioe’ il limite dell’identita’ o affinita’ tra prodotti e servizi, potendo egli – ai sensi dell’art. 1 comma 1 lett. c) L.M. – vietare a terzi l’uso di un segno identico o simile, a prescindere dal rischio di confusione, laddove l’uso del segno consenta, alternativamente, di trarre indebitamente vantaggio dal carattere distintivo o dalla rinomanza del marchio o reca ad esso pregiudizio.

2.1. Rapporti tra marchio celebre e patronimico
Ai sensi  dell’art. 1 – bis L.M., “I diritti sul marchio d’impresa registrato non permettono al titolare di esso di vietare ai terzi l’uso nell’attivita’ economica del loro nome … purche’ l’uso sia conforme ai principi della correttezza professionale, e quindi non in funzione di marchio ma solo in funzione descrittiva”.
L’art. 1-bis l.m. consente l’uso patronimico, anche se confondibile con il marchio, soltanto ai fini dell’individuazione dell’imprenditore, cioe’ con funzione descrittiva” (Corte Appello Bologna,  18 febbraio 1998, GADI, 3906; App. Milano, 2 giugno 1998, ivi, 3924, Lodo arbitrale 2 settembre 1998, ivi, 3837).
Per funzione descrittiva si intende l’identificazione dell’imprenditore. Si ha di contro funzione “distintiva” quando il nome valga ad identificare il prodotto e l’azienda che lo produce.

Per poter legittimamente inibire l’uso del nome corrispondente al marchio registrato grava proprio sul titolare del marchio l’onere di provare la malafede dell’utilizzatore del patronimico. La violazione dell’art. 1 – bis L.M. non puo’ quindi mai prescindere dall’accertamento in concreto della confondibilita’ come unica finalita’ dell’utilizzo del nome.
La Corte d’Appello di Firenze, con sentenza del 18 ottobre 1999, ha chiarito come il cuore del marchio, attraverso il quale valutare possibili violazioni all’interno di segni distintivi patronimici (siano essi marchi, ditte o insegne) e’ rappresentato dal cognome e non dal prenome.
Nel caso concreto (Gucci Spa c. Marcello Gucci), ha negato che l’utilizzo della ditta “Marcello Gucci” per la commercializzazione di capi d’abbigliamento costituisse contraffazione del celebre marchio Gucci, legittimamente registrato per questa categoria merceologica dalla Gucci SpA.
Difatti, nonostante l’insegna recasse la scritta “Ingrosso prontomoda Gucci – maglieria e confezioni” e nonostante la notorieta’ del marchio Gucci avrebbe astrattamente consentito una sua tutela in ogni ambito territoriale, la Corte ha argomentato che, vendendo Marcello Gucci all’ingrosso ai soli imprenditori del settore dell’abbigliamento e non agli utenti finali, non poteva crearsi un pericolo di confusione perche’ quegli stessi operatori non avrebbero mai confuso un capo di alta gamma Gucci con un capo economico proveniente da Marcello Gucci (art. 13 comma 1° Legge Marchi).
Va ben notato che la sentenza della Corte d’Appello di Firenze a proposito di patronimici fa riferimento all’uso del cognome e che nella specie il rischio di confusione poteva essere rappresentato dall’adozione del patronimico “Gucci” nell’insegna della ditta, che tra l’altro poteva far pensare alla vendita all’ingrosso di capi della nota griffe di moda.

La Corte, accedendo ad un’interpretazione del marchio e degli altri segni distintivi dell’impresa quali strumenti di tutela dell’affidamento dei consumatori, ha ritenuto nella specie non esservi alcun rischio di confusione e dunque perfettamente tutelate le legittime aspettative degli stessi consumatori.
Non si riesce a capire dunque il motivo che ha portato ad un pronunciamento in senso contrario ai precedenti giurisprudenziali editi.


Analogamente al caso “Gucci contro Gucci”, ma con riferimento ai domain names, la Corte Centrale della California ha ritenuto che la titolarita’ di un marchio registrato non impedisce l’uso del patronimico quale nome a dominio (sentenza del 13 marzo 2000, caso n. CV 99-12980 DDP (Mcx).
Ci riferiamo al celebre caso Nissan vs. Nissan (Nissan Motor Co.ltd; Nissan North America Inc. v. Nissan Computer Corporation) che vedeva contrapposti da un lato la celebre casa di produzione automobilistica Nissan, titolare dell’omonimo marchio registrato, dall’altra invece la meno nota Nissan Computer Corporation, societa’ della North Carolina impegnata nella vendita di personal computer e di servizi informatici.


La societa’ fu fondata nel 1991 da Uzi Nissan, che penso’ di registrare nel maggio del 1994 il nome a dominio “nissan.com” e nel marzo 1996 il dominio “nissan.net”. E cosi’ fece, visto che i nomi a dominio erano disponibili.
Per ottenere l’utilizzazione dei due nomi a dominio, la celebre casa automobilistica cito’ in giudizio il Sig. Nissan.
Per poter avere la meglio, la Nissan Motor doveva provare di avere un valido e proteggibile marchio e che la controparte utilizzava un segno distintivo identico o similare in grado di creare confusione.
Il marchio Nissan fu registrato per primo dalla Nissan Motor Co. nel 1959 ed e’ stato usato continuativamente dall’azienda automobilistica. Pertanto la Corte ritenne che l’attore avesse un valido e tutelabile interesse all’uso del marchio registrato “Nissan”.
Il Sig. Nissan invece sosteneva di utilizzare il proprio cognome in relazione a diversi settori di attivita’ sin dagli anni ’80.

Per poter dirimere la situazione era necessario dimostrare il concreto rischio di confusione per il consumatore.
Per determinare il rischio di confusione e’ necessario considerare una pluralita’ di fattori:




  1. l’uso e la notorieta’ del marchio della parte reclamante;


  2. l’omogeneita’ o affinita’ dei beni e servizi delle parti;


  3. la somiglianza o identita’ dei segni  utilizzati;


  4. la prova di un’attuale confusione;


  5. i canali di marketing utilizzati;


  6. il grado di attenzione necessario ai consumatori per distinguire i prodotti;


  7. la malafede della controparte nell’utilizzo del marchio.

Questo gruppo di fattori – recita la sentenza californiana non e’ esaustivo e non deve applicarsi rigidamente alla rete Internet.
Con riferimento al punto 1) uso e notorieta’ del marchio della parte reclamante, e’ evidente che il marchio registrato da Nissan Motor Co. sia notorio e fortemente suggestivo per il pubblico dei consumatori. Pertanto la Corte Centrale della California riconobbe come il marchio Nissan sia marchio celebre e che allo stesso andava accordata la tutela piu’ estesa prevista dall’ordinamento.
Con riferimento al punto 2) omogeneita’ o affinita’ dei beni e servizi delle parti, il rischio di confusione sussiste  in caso di uso di segni identici o simili per la promozione di prodotti simili. Nel caso che qui ci occupa non esiste alcuna omogeneita’, stante la totale differenza ontologica dei prodotti commercializzati.
Un altro fattore e’ costituito dal pericolo attuale di confusione a danno del consumatore (n. 4). La Nissan Motor Co. sostenne che alcuni consumatori inviavano e-mail di richiesta di informazioni circa i veicoli Nissan al convenuto all’indirizzo info@nissan.com e che spesso cercavano informazioni sul conto dell’azienda automobilistica sul sito web nissan.com.
Quanto ai canali di marketing utilizzati (punto n. 5) si sostenne che ambo le parti utilizzavano Internet quale canale di vendita e di promozione.
Tale fattore accrescerebbe le possibilita’ di confusione.
Con riferimento agli altri fattori, non era dimostrata la malafede del Sig. Nissan.
Lo stesso, in buona sostanza, non avrebbe provveduto alla registrazione dei nomi a dominio incriminati ne’ all’utilizzo del marchio “Nissan” con l’intento di nuocere alla stessa ovvero di trarre indebito vantaggio dalla notorieta’ del marchio altrui (punto n. 7).

Inoltre, in considerazione della non assimilabilita’ merceologica dei prodotti e servizi pubblicizzati, non vi era possibilita’ di confusione a danno dei consumatori, che ben potevano rendersi conto di non avere a che fare con il sito della nota casa automobilistica (punto n. 6).

Il processo si concluse con una condanna di Mr. Uzi Nissan alla realizzazione, nella porzione superiore della prima pagina del sito web “nissan.com” e “nissan.net” di una frase che identificasse tali siti web quali affiliati di Nissan Computer Corporation; all’appostamento di un disclaimer, nella parte superiore della prima pagina del sito web “nissan.com” e “nissan.net”, che informi i visitatori che nissan.com e nissan.net non sono siti affiliati di Nissan Motor Co., con indicazione della locazione del sito web di Nissan North America; ad astenersi dal pubblicare informazioni, pubblicita’ ovvero link ipertestuali con riferimento al settore automobilistico sui siti web “nissan.com” e “nissan.net”.
Nella fattispecie infatti il Sig. Uzi Nissan aveva nel frattempo provveduto proprio ad inserire tali informazioni sui propri siti web, che effettivamente avrebbero potuto sviare la potenziale clientela di Nissan Motor Co. a vantaggio della concorrenza.
La Corte dunque non “esproprio'” il Sig. Nissan dei propri nomi a dominio e non riconobbe in capo alla nota casa automobilistica “Nissan Motor” il diritto all’uso esclusivo dei nomi a dominio coincidenti con il proprio marchio registrato.

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